Crescere e diventare “grandi”

Attorno alla tavola della festa un bimbo parteggia per la stralunata allegria della nonna che balla con l’attaccapanni, anziché per i parenti noiosi e incattiviti dalle loro vite. Perché solo l’innocenza dei vecchi e dei bambini è capace di sentire la musica anche quando non c’è.
Uno strano tassista, che dice di essere Babbo Natale, rapisce un bambino per una intera notte. E, tutto sommato, non è così brutta come alternativa  a dover passare la notte di Natale col papà alcolizzato di cui si può avere anche paura in certi momenti…
Un funerale è l’occasione per rivedere un vecchio amico, conosciuto a soli sette anni, quando era tornato a Lima dopo l’esilio di suo padre: non era stato facile sentirsi “a casa” e quell’amicizia era stata un’ancora di salvezza. Ma ha lasciato anche dei segni profondi.

I protagonisti dei dieci racconti di questa antologia del giovane scrittore peruviano, spagnolo d’adozione, considerato un talento emergente della letteratura sudamericana, sono ragazzi dai sette ai vent’anni, alle prese col passaggio difficile dall’infanzia all’adolescenza. Ma se il tema potrebbe essere universale  e declinato allo stesso modo ad ogni latitudine, una lettura appena più attenta mostra come le sfumature possano cambiare in relazione alla storia politica e alle condizioni economico – sociali. È come se crescere in un paese come Lima sul finire degli anni Ottanta, tormentata dalla violenza e dalla guerriglia, fosse decisamente più “triste”, così che, per usare le parole dell’autore, i protagonisti delle storie debbano passare “dall’illusione al cinismo”, dall’innocenza dell’infanzia al disincanto dell’essere adulti. Racconti come ricordi sfilacciati, dunque, che appartengono al vissuto di Roncagliolo e degli amici cresciuti con lui, alla scoperta dell’amore e del sesso passando attraverso le violenze, gli stupri, la morte, e con la variabile costante delle droghe, spesso unico rifugio alla sofferenza. “La cocaina ha sostituito la rivoluzione” dice l’autore in una intervista. Il tono è raramente drammatico, anzi spesso si fa sorprendentemente  ironico, quasi a voler mostrare con una certa leggerezza che, dopotutto, si è bambini, si cresce e si diventa “grandi” sempre e comunque, nonostante tutto. Certo da qualche parte accade più in fretta e in maniera un po’ più brusca. Ma, in fondo, “crescere è un mestiere triste” ovunque, dovremmo ammetterlo tutti. Un plauso, dunque, alla giovane casa editrice per aver fatto conoscere questo interessante autore anche in Italia.

(di Alessandra Farinola)


Santiago Roncagliolo

Crescere è un mestiere triste
(traduzione di Elisa Contipelli, Maddalena Cazzaniga, Paolo Vertic)
collana Vie
Keller
2005

Un pensiero riguardo “Crescere e diventare “grandi”

  1. Roncagliolo è veramente bravo quando si cimenta con il mondo dell’infanzia. E sa tenersi lontano da una certa moda narrativa che ama i ragazzini problematici. Complimenti a Keller che lo ha lanciato (piccolo neo: con la traduzione a più mani qualche racconto zoppica un po’).
    In seguito Garzanti ha pubblicato il primo romanzo di Roncagliolo, “Pudore”, una storia a più voci ancora migliore dei racconti. Consigliatissimo.

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