L’occhio della mente

Con le loro grandi difficoltà a iniziare una conversazione o a stabilire un contatto con gli altri, negli ospedali per lungodegenti o nelle case di riposo, i pazienti con afasia affrontano rischi particolari. Magari beneficiano di ogni tipo di terapia, ma manca loro una dimensione sociale fondamentale, così che spesso si sentono completamente isolati e tagliati fuori. Eppure molte attività — per esempio il gioco delle carte, le uscite a fare spese, il cinema o il teatro, il ballo o lo sport — non richiedono l’uso del linguaggio, e possono essere utilizzate per trascinare o attirare i pazienti afasici in un mondo di contatti umani e di attività che sono loro familiari. A questo proposito, si usa a volte l’espressione opaca «riabilitazione sociale», ma in realtà il paziente è «richiamato alla vita»: come direbbe Dickens, recalled to life.

osldmOliver Sacks si confronta ogni giorno con sindromi e patologie neurologiche. Casi che aiutano a capire chi siamo e quali sono i nostri valori.
Si considera «un naturalista o un esploratore» del cervello e assiste a storie straordinarie che chiedono solo di essere raccontate. Parla di vicende umane vicino «al cuore oscuro dell’essere». Interpreta, restituisce e condivide ciò che vede.

Tenere l’album dei ricordi lo spinse, anzi lo costrinse, a scrivere tutti i giorni: non solo per formare parole e frasi leggibili, ma anche a un livello creativo molto più profondo. Il diario della vita in ospedale, con le sue routine e i suoi diversi personaggi, cominciò a sollecitare in lui l’immaginazione dello scrittore. A volte, nel caso di parole insolite o di nomi propri, capitava che avesse qualche incertezza sull’ortografia. Non riusciva a «vederli» con l’occhio della mente, non riusciva a immaginarli: non più di quanto riuscisse a percepirli quando se li trovava di fronte stampati. Mancando di questa immaginazione interiore, per scrivere senza errori doveva ricorrere ad altre strategie. La più semplice, scoprì, consisteva nello scrivere una parola in aria con l’indice, facendo in modo che un atto motorio prendesse il posto di un atto sensorio.

Sacks ci racconta di malati di Tourette, di autismo e di afasia. Narra di queste vite come si discorre di avventure e di coraggio, di resistenza e di creatività. Con acuta capacità introspettiva vive nuove vite insperate e stupefacenti. Esperienze che allargano l’immaginazione mostrandoci ciò che spesso la salute ci nasconde. E l’atto di scrivere gli dà piacere e gioia enormi. Lo porta in un altrove che gli fa dimenticare persino il passare del tempo.

Oliver Sacks, L’occhio della mente, traduzione di Isabella C. Blum, gli Adelphi, Adelphi 2016.

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